La profezia dei Papi – Profezia di Malachia

malachiaLa profezia dei Papi meglio nota come “profezia di Malachia” (il cui titolo originale in latino è Prophetia Sancti Malachiae Archiepiscopi, de Summis Pontificibus) è un testo attribuito a san Malachia, vescovo irlandese vissuto nel XII secolo, contenente un elenco dei Papi (e antipapi) che si sarebbero succeduti a partire dal 1143 (Celestino II) fino alla fine dei giorni. L’elenco non indica nome e cognome dei vari Papi, ma presenta 112 brevi motti in latino che descriverebbero particolari peculiarità e tratti distintivi del futuro Papa che verrà eletto.

Al termine della profezia, è presente un testo in latino che prevedrebbe, durante il pontificato di un certo Pietro romano (non necessariamente immediato successore dell’ultimo papa della lista), la distruzione di una città dai sette colli e il giudizio finale.

La profezia venne pubblicata per la prima volta nel 1595 dallo storico benedettino Arnoldo Wion. Fu lui ad attribuire la lista a san Malachia, senza ripotare il testo originale, ma spiegando che la profezia era già conosciuta da molti e che lui si limitava a trascriverla in modo che tutti potessero leggerla. Insieme al testo Wion pubblicò anche un’interpretazione dei motti di tutti i papi sino al 1590, attribuendola allo storico domenicano Alfonso Chacón.

Data la mancanza del manoscritto originale, ma solo del testo stampato di Wion, l’autenticità della profezia di Malachia, venne messa subito in dubbio.

Un primo ovvio, motivo di sospetto dipende dal fatto che per quattro secoli, nessuno aveva mai saputo nulla del documento. Anche la dettagliata biografia di Malachia scritta da Bernardo di Chiaravalle, suo grande amico oltre che biografo, non ne fa nessuna menzione.

Un’altra incongruenza riguarda la scelta dei personaggi descritti dai motti: trattandosi di un elenco di papi non è chiaro perché siano stati inclusi anche alcuni antipapi. Altri dubbi riguardano l’ordine di elencazione; infatti il papa Alessandro III è elencato dopo gli antipapi Vittore IV, Pasquale III e Calisto III, allo stesso modo Urbano VI è elencato dopo gli antipapi Clemente VII, Benedetto XIII e Clemente VIII.

Una prova significativa a sostegno della falsità dello scritto è data dal fatto che il motto di alcuni fra i papi più antichi venne elaborato sulla base di indicazioni biografiche o araldiche errate, presenti anch’esse in maniera errata nella storia ecclesiastica scritta da Onofrio Panvinio nel 1557 e in altre sue opere. In base a quanto affermato Malachia, quindi, non solo avrebbe saputo con secoli di anticipo notizie sui futuri pontefici, ma addirittura avrebbe commesso gli stessi errori di uno storico vissuto quattrocento anni dopo di lui.

L’ipotesi di un falso cinquecentesco è inoltre confermata dal fatto che i motti latini sono molto precisi per i pontefici antecedenti la fine del XVI secolo, periodo in cui il falso sarebbe stato ultimato, mentre diventano più vaghi e approssimativi per i papi successivi.

Gli storici hanno cercato di fare luce sulle circostanze in cui la profezia potrebbe essere stata redatta, ma ancora ad oggi non vi sono prove certe della sua falsità.

A favore della veridicità del testo vi è la teoria secondo la quale la profezia di Malachia potrebbe rientrare nella consuetudine di utilizzare i testi profetici come armi psicologiche, usanza particolarmente diffusa nei momenti di instabilità politica, come, ad esempio, il periodo dello scisma d’Occidente, per controllare così le masse.

Favorito dalla diffusione della stampa, il genere profetico ebbe grande popolarità in Italia fra il 1494 e il 1530. Nel 1515 furono dati alle stampe anche i Vaticinia de Summis Pontificibus, una profezia medievale sui pontefici, risalente forse alla fine del XIII secolo.

In questo quadro non sorprende che il genere della profezia possa esser stato utilizzato anche per influenzare l’esito dei conclavi o più semplicemente per trarre qualche profitto economico dalle attese dei papabili e dei loro congiunti non appena si fosse profilata la prospettiva di un prossimo decesso del pontefice in carica.

Nel caso della profezia di Malachia l’attenzione degli studiosi, fra cui per primo Claude-François Ménestrier, cadde sul 75° motto che recita: “Ex antiquitate urbis”. Si tratta di un riferimento troppo vago, soprattutto in Italia, dove moltissime città e centri minori esistono ormai da tempo. Una profezia, quindi, che poteva essere facilmente confermabile dall’esito di un conclave. Al tempo stesso, il motto era particolarmente calzante alle caratteristiche di uno specifico candidato, il cardinale Girolamo Simoncelli, nato a Orvieto (Urbs vetus, in latino, cioè “città antica”).

Il motto potrebbe essergli stato dedicato per compiacerlo, con la speranza di trarre dei dal suo papato, oppure addirittura potrebbe essere stato commissionato da suoi sostenitori e fatto circolare nella curia vaticana per influire sull’imminente conclave. Tutto il testo della profezia di Malachia, dunque, potrebbe essere un falso storico costruito solo per creare un contesto di verosimiglianza al motto.

Per quanto riguarda l’autore del testo sin dagli inizi del XX secolo alcuni critici pensarono che si trattasse di una delle tante opere del falsario Alfonso Ceccarelli, i cui rapporti con i familiari di Simoncelli erano solidi e accertati.

Ma Ceccarelli, fu giustiziato il 9 luglio 1583, sette anni prima del conclave del 1590, e perciò questa attribuzione è dubbia.

Tuttavia una tesi interessante è quella che è stata descritta in un noto articolo del 2015 che riporta un carteggio di un nipote del cardinale Giovanni Gerolamo Albani, che prova senza ombra di dubbio che le profezie di Malachia esistevano già nel 1587, nella stessa forma pubblicata da Wion. Dato che il motto del 73º papa, Sisto V (1585-1590), è una descrizione del suo stemma, gli studiosi affermano quindi che è stato scritto precedentemente e perciò il testo avrebbe trovato la sua forma ultima nel biennio 1585-1587 in previsione del successivo conclave. Nel carteggio Albani alcuni familiari del cardinale si mostrano convinti che il motto “De rore coeli” annunci la futura elezione del loro protettore, collegando il nome Albani, da cui “alba”, alla rugiada (ros, roris) in quanto tipico fenomeno mattutino. Il cardinale, infatti, era stato uno dei candidati più votati nel conclave del 1585, mantenendo quindi alcune effettive possibilità di elezione.

Certo è che chiunque sia stato l’autore, o gli autori, del documento, la tesi unanime, ribadita anche dall’ultima edizione dell’Enciclopedia Cattolica, afferma che il manoscritto sia un falso storico, redatto nella seconda metà del XVI secolo.

Non si può negare, comunque che l’opera di Wion ebbe grande successo tant’è che vennero stampate varie edizioni: nel 1601 il domenicano Girolamo Giannini stampò a Venezia i Vaticini dell’abbate Malachia arcivescovo Armacano, tradotti dal latino, ristampati nel 1650 e nel 1689. Negli ultimi decenni del XVII secolo anche il cistercense Giovanni Germano scrisse diversi libri sulla profezia di Malachia. Anche alcuni scrittori di biografie dei papi o di storia ecclesiastica trattarono l’argomento nelle loro opere, come Louis Coulon, ristampando nel 1673 le sue vite dei papi, segnalò nel frontespizio: Nouvelle edition augmentée de la vie des deux dernier Pontifes et de la Prophetie de S.Malachie.

La profezia, come già precedentemente annunciato, elencherebbe ciascuno dei 111 (o 112, se si include anche il testo conclusivo, che non è un motto) futuri pontefici attraverso un breve motto scritto in latino. Questi motti andrebbero da Papa Celestino II (11431144) fino alla presunta fine dei tempi.

Vengono qui esposti separatamente i motti dei primi 74 papi e quelli dei papi successivi, dal momento che i primi sono accompagnati da un breve testo interpretativo.

Ovviamente va ricordato che non tutti i motti hanno la stessa precisione: quelli che fanno riferimento ai papi fino alla fine del XVI secolo sono molto accurati, accompagnati da  indicazioni che fanno riferimento al loro stemma o al loro cognome, mentre i motti per i pontefici successivi sono molto più vaghi e approssimativi.

 

Motti interpretati da Chacon (1143-1590)

I motti relativi ai 74 papi e antipapi che si sono succeduti fino al 1590, cioè cinque anni prima della pubblicazione della profezia, sono accompagnati da un’interpretazione latina che Arnoldo Wion afferma di aver ricevuto dal domenicano Alfonso Chacón. Hanno il carattere di piccoli enigmi o di veri e propri giochi di parole:

 

Motto A chi viene abbinato da Wion Interpretazione di Alfonso Chacón Spiegazione del testo di Chacón
Ex castro Tiberis
(“Dal castello sul Tevere”)
Celestino II
(Guido Guelfucci o Guido Ghefucci, 1143-1144)
Typhernas. Era nato a Città di Castello (Tifernum, in latino), sul Tevere.
Inimicus expulsus
(“Il nemico cacciato”)
Lucio II
(Gherardo Caccianemici, 1144-1145)
De familia Caccianemica. Di cognome Caccianemici.
Ex magnitudine montis
(“Dalla grandezza del monte”)
Eugenio III
(Pietro Bernardo dei Paganelli, 1145-1153)
Patria Ethruscus oppido Montis magni. Nato a Montemagno, presso Pisa.
Abbas Suburranus
(“Abate suburrano”)
Anastasio IV
(Corrado della Suburra, 1153-1154)
De familia Suburra. Di cognome Suburra.
De rure albo
(“Dalla campagna di Albo”)
Adriano IV
(Nicholas Breakspear, 1154-1159)
Vilis natus in oppido Sancti Albani. Di umile origine inglese (quindi “albionico”), era nato ad Abbots Langley, nel territorio della città di St Albans. Fu nominato cardinale col titolo di vescovo della sede suburbicaria di Albano.
Ex tetro carcere
(“Dal tetro carcere”)
Vittore IV (antipapa)
(Ottaviano de’ Monticello, 1159-1164)
Fuit Cardinalis S. Nicolai in carcere Tulliano. Cardinale di san Nicola in Carcere.
De via Transtiberina
(“Dalla via di Trastevere”)
Pasquale III (antipapa)
(Guido da Crema, 1164-1168)
Guido Cremensis Cardinalis S.Mariae Transtiberim. Cardinale di santa Maria in Trastevere. I nomi di Pasquale III e Callisto III, qui riportati nel corretto ordine cronologico, sono scambiati fra loro nel libro di Wion, probabilmente per un errore materiale suo o del tipografo.
De Pannonia Tusciae
(“L’Ungheria della Tuscia”)
Callisto III (antipapa)
(Giovanni di Strumi, 1168-1178)
Antipapa. Hungarus natione, Episcopus Card. Tusculanus. Ungherese (pannone), sarebbe stato cardinale di Tuscolo, antico nome della sede suburbicaria di Frascati. In realtà fu cardinale nella sede di Albano, ad una dozzina di chilometri da Frascati.
Ex ansere custode
(“Dal papero custode”)
Alessandro III
(Rolando Bandinelli, 1159-1181)
De familia Paparona. C’è assonanza fra la parola “papero” (ansere) e Paparoni, termine con il quale sarebbe stata soprannominata la famiglia Bandinelli, ma di cui non fanno alcuna menzione i contemporanei di Alessandro III.[25]
Lux in ostio
(“Luce in ostio”)
Lucio III
(Ubaldo Allucingoli, 1181-1185)
Lucensis Card. Ostiensis. Nato a Lucca (lucensis), fu cardinale di Ostia. Di cognome Allucingoli (pare), scelse il nome Lucio.
Sus in cribro
(“Il maiale nel crivello”)
Urbano III
(Umberto Crivelli, 1185-1187)
Mediolanensis, familia Cribella, quae Suem pro armis gerit. Il crivello (“cribro”) allude al cognome Crivelli. De Novaes, però, nega che nel loro stemma vi fosse l’immagine di un maiale (sus).
Ensis Laurentii
(“La spada di Lorenzo”)
Gregorio VIII
(Alberto de Morra, 1187-1187)
Card. S. Laurentii in Lucina, cuius insignia enses falcati. Cardinale di san Lorenzo in Lucina, aveva due spade ricurve (enses falcati) nello stemma.
De Schola exiet
(“Uscirà dalla scuola”)
Clemente III
(Paolo Scolari, 1187-1191)
Romanus, domo Scholari. Di cognome Scolari.
De rure bovense
(“Dalla campagna bovense”)
Celestino III
(Giacinto di Pietro di Bobone, 1191-1198)
Familia Bovensi. Di cognome Bobone, famiglia che possedeva ampi latifondi.
Comes signatus
(“Il conte segnato”)
Innocenzo III
(Lotario conti di Segni, 1198-1216)
Familia Comitum Signiae. Apparteneva alla famiglia dei conti di Segni.
Canonicus de latere
(“Il canonico a latere”)
Onorio III
(Cencio Savelli, 1216-1227)
Familia Sabella, Canonicus S.Ioannis Lateranensis. Secondo Chacon sarebbe stato un canonico lateranense, ma la notizia non è storicamente confermata.
Avis Ostiensis
(“L’uccello di Ostia”)
Gregorio IX
(Ugolino di Anagni, 1227-1241)
Familia Comitum Signiae, Episcopus Card. Ostiensis. Cardinale di Ostia, aveva un’aquila nello stemma.
Leo Sabinus
(“Il leone sabino”)
Celestino IV
(Goffredo Castiglioni di Milano, 1241-1242)
Mediolanensis, cuius insignia Leo, Episcopus Card. Sabinus. Vescovo di Sabina, aveva un leone nello stemma.
Comes Laurentius
(“Il conte Lorenzo”)
Innocenzo IV
(Sinibaldo Fieschi dei conti di Lavagna, 1242-1254)
Domo Flisca, Comes Lavaniae, Cardinalis S. Laurentii in Lucina. Conte di Lavagna, cardinale di san Lorenzo in Lucina.
Signum Ostiense
(“Il segno di Ostia”)
Alessandro IV
(Rinaldo dei signori di Jenne, 1254-1261)
De comitibus Signiae, Episcopus Card. Ostiensis. Cardinale di Ostia, era probabilmente figlio di una sorella di Gregorio IX. Questa parentela fece sì che alcuni biografi, nel corso dei secoli, lo abbiano erroneamente considerato del casato dei conti di Segni.
Hierusalem Campaniae
(“Gerusalemme di Champagne”)
Urbano IV
(Jacques Pantaléon, 1261-1264)
Gallus, Trecensis in Campania, Patriarcha Hierusalem. Patriarca di Gerusalemme, era originario di Troyes (trecensis), nella regione della Champagne.
Draco depressus
(“Il drago abbattuto”)
Clemente IV
(Guido le Gros di Saint-Gilles, 1265-1268)
Cuius insignia Aquila unguibus Draconem tenens. Nel suo stemma appare un drago nelle grinfie di un’aquila.
Anguinus vir
(“L’uomo serpentino”)
Gregorio X
(Teobaldo Visconti di Piacenza, 1271-1276)
Mediolanensis, Familia vicecomitum, quae anguem pro insigni gerit. Lo stemma dei Visconti di Milano reca una vipera che ingoia un uomo. Gregorio X, però, non era loro parente.
Concionator Gallus
(“Il predicatore francese”)
Innocenzo V
(Pietro di Tarantasia, 1276-1276)
Gallus, ordinis Praedicatorum. Di origine francese (gallus), era un frate predicatore (concionator).
Bonus Comes
(“Il conte buono”)
Adriano V
(Ottobono dei conti Fieschi, 1276-1276)
Ottobonus familia Flisca, ex Comitibus Lavaniae. Discendente dei conti di Lavagna (comes). Il termine bonus può riferirsi al nome di battesimo, Ottobono.
Piscator Tuscus
(“Il pescatore etrusco”)
Giovanni XXI
(Pedro Julião, 1276-1277)
Antea Ioannes Petrus Episcopus Card. Tusculanus. Di nome Pietro, come il Pescatore per eccellenza, era cardinale di Tuscolo, città etrusca nei pressi di Frascati.
Rosa composita
(“La rosa composta”)
Niccolò III
(Giovanni Gaetano Orsini, 1277-1280)
Familia Ursina, quae rosam in insigni gerit, dictus compositus. Nel suo stemma c’è una rosa. Pare fosse noto per la sua compostezza.
Ex telonio liliacei Martinii
(“Dalla tesoreria di Martino dai gigli”)
Martino IV
(Simon de Brion, 1281-1285)
Cuius insignia lilia, canonicus, et thesaurarius S.Martini Turonen. Fu tesoriere della basilica di san Martino di Tours, in Francia. Il giglio era l’emblema dei re di Francia.
Ex rosa leonina
(“Dalla rosa del leone”)
Onorio IV
(Giacomo Savelli, 1285-1287)
Familia Sabella insignia rosa a leonibus gestata. Lo stemma dei nobili Savelli raffigura una rosa portata da due leoni.
Picus inter escas
(“Il picchio fra le esche”)
Niccolò IV
(Girolamo Masci, 1288-1292)
Picenus, patria Esculanus. Piceno, nato ad Ascoli. Gioco di parole fra i termini latini picus (“picchio”) e picenus (“piceno”), e fra escaesculanus ed asculanus (nativo di Ascoli, città nel Piceno).
Ex eremo celsus
(“Innalzato dall’eremo”)
Celestino V
(Pier da Morrone, 1294-1294)
Vocatus Petrus de Morrone Eremita. Prima di essere innalzato (celsus) al soglio pontificio era un eremita.
Ex undarum benedictione
(“La benedizione dalle onde”)
Bonifacio VIII
(Benedetto Caetani, 1294-1303)
Vocatus prius Benedictus, Caetanus, cuius insignia undae. Nel suo stemma sono presenti delle onde marine e il suo nome di battesimo era Benedetto.
Concionator patereus
(“Il predicatore di Patara”)
Benedetto XI
(Nicolò Beccassini, 1303-1304)
Qui vocabatur Frater Nicolaus, ordinis Praedicatorum. Era un frate predicatore (concionator) di nome Nicolò, come il santo nato a Patara, in Licia.
De fessis aquitanicis
(“Delle fasce di Aquitania”)
Clemente V
(Bertrando di Got, 1305-1314)
Natione aquitanus, cuius insignia fessae erant. Clemente V era nato in Aquitania e il suo stemma è costituito da fasce parallele.
De sutore osseo
(“Del calzolaio osseo”)
Giovanni XXII
(Jacques d’Euse, 1316-1334)
Gallus, familia Ossa, Sutoris filius. Di cognome d’Euse (che suona come de os cioè “d’osso”), era figlio di un calzolaio (sutore).
Corvus schismaticus
(“Il corvo scismatico”)
Niccolò V (antipapa)
(Pietro Rinalducci, 1328-1330)
Qui vocabatur F.Petrus de corbario, contra Ioannem XXII. Antipapa Minorita. Nacque a Corvaro, frazione di Borgorose, e fu tra i principali responsabili dello scisma d’Occidente.
Frigidus Abbas
(“L’abate freddo”)
Benedetto XII
(Jacques Fournier, 1334-1342)
Abbas Monasterii fontis frigidi. Era abate di Fontfroide (“fonte fredda”).
De rosa Attrebatensi
(“Della rosa di Arras”)
Clemente VI
(Pietro Roger di Beaufort, 1342-1352)
Episcopus Attrebatensis, cuius insignia Rosae. Vescovo di Arras, nel suo stemma sono raffigurate delle rose.
De montibus Pammachii
(“Dei monti del Pammacchio”)
Innocenzo VI
(Étienne Aubert, 1352-1362)
Cardinalis SS.Ioannis et Pauli. Titulus Panmachii, cuius insignia sex montes erant. Prima dell’elezione era cardinale dei santi Giovanni e Paolo, titolo anticamente soprannominato di san Pammachio. Chacon sembra affermare che, nello stemma di Innocenzo VI, sarebbero campeggiate sei montagne, ma l’informazione è errata.
Gallus Vicecomes
(“Visconte francese”)
Urbano V
(Guillaume de Grimoard, 1362-1370)
Nuncius Apostolicus ad Vicecomites Mediolanenses. Francese (gallus), fu nunzio apostolico presso i Visconti di Milano.
Novus de virgine forti
(“Nuovo dalla vergine forte”)
Gregorio XI
(Pierre Roger de Beaufort, 1370-1378)
Qui vocabatur Petrus Belfortis, Cardinalis S.Mariae Novae. Era cardinale di santa Maria Nuova e il suo cognome era Beaufort (“Belforte”).
De cruce Apostolica
(“Della croce apostolica”)
Clemente VII (antipapa)
(Roberto dei conti di Ginevra, 1378-1394)
Qui fuit Presbyter Cardinalis SS.XII Apostolorum, cuius insignia Crux. Cardinale col titolo della basilica dei Santi XII Apostoli, il suo stemma raffigurava una croce.
Luna Cosmedina
(“La luna cosmedina”)
Benedetto XIII (antipapa)
(Pedro Martínez de Luna y Pérez de Gotor, 1394-1417)
Antea Petrus de Luna, Diaconus Cardinalis S.Mariae in Cosmedin. Di cognome Luna, cardinale diacono di santa Maria in Cosmedin.
Schisma Barchinonium
(“Lo scisma di Barcellona”)
Clemente VIII (antipapa)
(Gil Sànchez de Muñoz, 1423-1429)
Antipapa, qui fuit Canonicus Barchinonensis. Antipapa proveniente da Barcellona, anticamente nota col nome di Barchino.
De inferno praegnanti
(“Pregnante dell’inferno”)
Urbano VI
(Bartolomeo Prignano, 1378-1389)
Neapolitanus Pregnanus, natus in loco qui dicitur Infernus. Il suo cognome era Prignano ed era nato in una frazione chiamata Inferno.
Cubus de mixtione
(“Un cubo dalla mescolanza”)
Bonifacio IX
(Pietro Tomacelli, 1389-1404)
Familia tomacella à Genua Liguriae orta, cuius insignia Cubi. Nello stemma dei Tomacelli erano presenti dei quadrati di due colori che componevano uno scaccato, il quale sembrava un sovrapporsi di cubi (la mixtione). Ogni membro della famiglia era un cubo del complesso.
De meliore sydere
(“Dalla stella migliore”)
Innocenzo VII
(Cosimo de’ Migliorati, 1404-1406)
Vocatus Cosmatus de melioratis Sulmonensis, cum insignia Sydus. Il suo cognome era Migliorati e nel suo stemma era presente una stella.
Nauta de Ponte nigro
(“Navigatore di Negroponte”)
Gregorio XII
(Angelo Correr, 1406-1415)
Venetus, commendatarius ecclesiae Nigropontis. Nacque a Venezia e fu cardinale commendatario di Negroponte.
Flagellum solis
(“Il flagello del sole”)
Alessandro V (antipapa)
(Pietro Filargo da Candia, 1409-1410)
Graecus Archiepiscopus Mediolanensis, insignia Sol. Nel suo stemma i raggi ondulati del sole sono simili a fruste.
Cervus Sirenae
(“Il cervo della sirena”)
Giovanni XXIII (antipapa)
(Baldassarre Cossa, 1410-1415)
Diaconus Cardinalis S.Eustachii, qui cum cervo depingitur, Bononiae legatus, Neapolitanus. Era cardinale di sant’Eustachio, santo tradizionalmente raffigurato vicino ad un cervo. Proveniva inoltre da Procida, di fronte a Capri, detta Isola delle Sirene.
Corona veli aurei
(“La corona del velo d’oro”)
Martino V
(Oddone Colonna, 1417-1431)
Familia Colonna, Diaconus Cardinalis S.Georgii ad velum aureum. Cardinale di san Giorgio al Velabro, nel suo stemma c’era una corona dorata.
Lupa Coelestina
(“La lupa celestina”)
Eugenio IV
(Gabriele Condolmer, 1431-1447)
Venetus, canonicus antea regularis Coelestinus, et Episcopus Senensis. Fece inizialmente parte della congregazione dei monaci celestini. La lupa si riferisce al fatto che fu vescovo di Siena.
Amator Crucis
(“Amatore della croce”)
Felice V (antipapa)
(Amedeo VIII di Savoia, 1440-1449)
Vocabatur Amadaeus Dux Sabaudiae, insignia Crux. Lo stemma dei Savoia è una croce.
De modicitate Lunae
(“Della modicità della luna”)
Niccolò V
(Tommaso Parentuccelli, 1447-1455)
Lunensis de Sarzana, humilibus parentibus natus. Nato in Lunigiana (lunae) da famiglia povera (modicitate).
Bos pascens
(“Il bue al pascolo”)
Callisto III
(Alfons de Borja y Cabanilles, 1455-1458)
Hispanus, cuius insignia Bos pascens. Nello stemma della famiglia Borgia è raffigurato un bue rosso che pascola.
De Capra et Albergo
(“Della capra e dell’albergo”)
Pio II
(Enea Silvio Piccolomini, 1458-1464)
Senensis, qui fuit à Secretis Cardinalibus Capranico et Albergato. Fu segretario dei cardinali Capranica e Albergatti.
De Cervo et Leone
(“Del cervo e del leone”)
Paolo II
(Pietro Barbo, 1464-1471)
Venetus, qui fuit Commendatarius ecclesiae Cerviensis, et cardinalis tituli S.Marci. Paolo II era stato cardinale di san Marco (che ha per simbolo un leone alato) e commendatario della chiesa di Cervia.
Piscator minorita
(“Pescatore minorita”)
Sisto IV
(Francesco della Rovere, 1471-1484)
Piscatoris filius, Franciscanus. Francescano degli ordini minori, era figlio di un pescatore.
Praecursor Siciliae
(“Il precursore di Sicilia”)
Innocenzo VIII
(Giovanni Battista Cybo, 1484-1492)
Qui vocabatur Ioannes Baptista, et vixit in curia Alfonsi regis Siciliae. Di nome Giovanni Battista, come il Precursore, visse alla corte di Alfonso V d’Aragona, re delle due Sicilie.[26]
Bos Albanus in portu
(“Il bue albano in porto”)
Alessandro VI
(Roderic Llançol de Borja, 1492-1503)
Episcopus Cardinalis Albanus et Portuensis, cuius insignia Bos. Nel suo stemma è raffigurato il bue (bos), stemma dei Borgia, e fu cardinale vescovo di Albano Laziale prima, e di Porto-Santa Rufina poi.
De parvo homine
(“Dell’uomo piccolo”)
Pio III
(Francesco Todeschini Piccolomini, 1503-1503)
Senensis, familia piccolominea. Di cognome Piccolomini (parvo homine).
Fructus Jovis juvabit
(“Il frutto di Giove sarà gradito”)
Giulio II
(Giuliano della Rovere, 1503-1513)
Ligur, eius insignia Quercus, Iovis arbor. Il rovere è una varietà di quercia, albero sacro a Giove. Giuliano ne era il “frutto”.
De craticula Politiana
(“Della graticola poliziana”)
Leone X
(Giovanni de’ Medici, 1513-1521)
Filius Laurentii Medicei, et scholari Angeli Politiani. Il padre di Leone X si chiamava Lorenzo, come il santo martirizzato sulla graticola. L’espressione politiana, invece, si collegherebbe ad Angelo Poliziano, di cui Leone X fu discepolo.
Leo Florentius
(“Leone fiorentino”)
Adriano VI
(Adriaan Florenszoon Boeyens d’Edel, 1522-1523)
Florentii filius, eius insignia Leo. Aveva un leone nello stemma ed era figlio di un tale Florens.
Flos pilae
(“Il fiore della palla”)
Clemente VII
(Giulio de’ Medici, 1523-1534)
Florentinus de domo Medicea, eius insignia pila et lilia. Lo stemma della famiglia de’ Medici presenta palle e gigli.
Hiacinthus medicorum
(“Il giglio dei medici”)
Paolo III
(Alessandro Farnese, 1534-1549)
Farnesius, qui lilia pro insignibus gestat, et Card. fuit SS.Cosmae et Damiani. Il suo stemma aveva sei gigli e fu cardinale dei santi Cosma e Damiano, due gemelli medici.
De corona montana
(“Della corona dei monti”)
Giulio III
(Giovanni Maria Ciocchi del Monte, 1550-1555)
Antea vocatus Ioannes Maria de Monte. Allusione al riferimento al cognome Del Monte, nel cui stemma compaiono tre monti e due corone di alloro.
Frumentum floccidum
(“Frumento di nessun valore”)
Marcello II
(Marcello Cervini degli Spannocchi, 1555-1555)
Cuius insignia cervus et frumentum, ideo floccidum, quod pauco tempore vixit in papatu. Oltre al cervo ( dal cognome “Cervini”) il suo stemma contiene nove spighe di frumento, ma il suo pontificato fu così breve da non portare risultati (il frumento senza valore).
De fide Petri
(“Della fede di Pietro”)
Paolo IV
(Gian Pietro Carafa, 1555-1559)
Antea vocatus Ioannes Petrus Caraffa. Di nome Pietro, era stato il primo presidente del Tribunale della Fede, detto Sant’Uffizio, istituito nel 1540.
Esculapii pharmacum
(“Il farmaco di Esculapio”)
Pio IV
(Giovanni Angelo de’ Medici, 1559-1565)
Antea dictus Ioannes Angelus Medices. Il motto sembra alludere al cognome de’ Medici: Esculapio era infatti il dio protettore della medicina.
Angelus nemorosus
(“L’angelo boscoso”)
Pio V
(Antonio Michele Ghislieri, 1566-1572)
Michael vocatus, natus in oppido Boschi. Di secondo nome Michele, come l’arcangelo, era nato a Bosco, in provincia di Alessandria.
Medium corpus pilarum
(“Il mezzo corpo delle palle”)
Gregorio XIII
(Ugo Boncompagni, 1572-1585)
Cuius insignia medius Draco, Cardinalis creatus à Pio IIII, qui pila in armi gestabat. Aveva nello stemma un mezzo drago ed era stato creato cardinale da un papa della famiglia Medici, nel cui stemma ci sono sei sfere.
Axis in medietate signi
(“L’asse nel mezzo del segno”)
Sisto V
(Felice Peretti, 1585-1590)
Qui axem in medio Leonis in armis gestat. Il suo stemma presenta una banda che divide in due un leone, che è un segno zodiacale.
De rore coeli
(“Della rugiada del cielo”)
Urbano VII
(Giovanni Battista Castagna, 1590-1590)
Qui fuit Archiepiscopus Rossanensis in Calabria, ubi manna colligitur. Urbano VII fu arcivescovo di Rossano, cittadina nelle cui campagne si raccoglie la manna.

 

Motti successivi (dal 1590 in poi)

Seguono poi, i motti relativi a 38 pontefici successivi, che si sono succeduti dal 1590 in poi. A differenza dell’esattezza di quelli precedenti, l’interpretazione di questi motti è del tutto arbitraria, pertanto si è preferito non confermare alcuna opinione, lasciando solamente i motti riportati da Wion e i relativi abbinamenti:

 

Motto A chi risulta abbinato per sequenza di elezione
Ex antiquitate Urbis
(“Dall’antichità della città”)
Gregorio XIV
(Niccolò Sfondrati, 1590-1591)
Pia civitas in bello
(“Pia città in guerra”)
Innocenzo IX
(Giovanni Antonio Facchinetti, 1591-1591)
Crux Romulea
(“Croce di Romolo”)
Clemente VIII
(Ippolito Aldobrandini, 1592-1605)
Undosus vir
(“Uomo ondoso”)
Leone XI
(Alessandro de’ Medici, 1605-1605)
Gens perversa
(“Stirpe perversa”)
Paolo V
(Camillo Borghese, 1605-1621)
In tribulatione pacis
(“Nella tribolazione della pace”)
Gregorio XV
(Alessandro Ludovisi, 1621-1623)
Lilium et rosa
(“Il giglio e la rosa”)
Urbano VIII
(Maffeo Barberini, 1623-1644)
Jucunditas crucis
(“Giocondità della croce”)
Innocenzo X
(Giovanni Battista Pamphilj, 1644-1655)
Montium Custos
(“Custode dei monti”)
Alessandro VII
(Fabio Chigi, 1655-1667)
Sydus olorum
(“Stella dei cigni”)
Clemente IX
(Giulio Rospigliosi, 1667-1669)
De flumine magno
(“Del grande fiume”)
Clemente X
(Emilio Altieri, 1670-1676)
Bellua insatiabilis
(“Bestia insaziabile”)
Innocenzo XI
(Benedetto Odescalchi, 1676-1689)
Poenitentia gloriosa
(“Penitenza gloriosa”)
Alessandro VIII
(Pietro Ottoboni, 1689-1691)
Rastrum in porta
(“Il rastrello nella porta”)
Innocenzo XII
(Antonio Pignatelli di Spinazzola, 1691-1700)
Flores circumdati
(“Fiori circondati”)
Clemente XI
(Giovanni Francesco Albani, 1700-1721)
De bona religione
(“Della buona religione”)
Innocenzo XIII
(Michelangelo Conti, 1721-1724)
Miles in bello
(“Soldato in guerra”)
Benedetto XIII
(Pier Francesco Orsini, 1724-1730)
Columna excelsa
(“Colonna eccelsa”)
Clemente XII
(Lorenzo Corsini, 1730-1740)
Animal rurale
(“Animale di campagna”)
Benedetto XIV
(Prospero Lambertini, 1740-1758)
Rosa Umbriae
(“Rosa dell’Umbria”)
Clemente XIII
(Carlo della Torre di Rezzonico, 1758-1769)
Ursus velox
(“Orso veloce”)
Clemente XIV
(Gian Vincenzo Antonio Ganganelli, 1769-1774)
Peregrinus apostolicus
(“Pellegrino apostolico”)
Pio VI
(Giovanni Angelo Braschi, 1775-1799)
Aquila rapax
(“Aquila rapace”)
Pio VII
(Gregorio Barnaba Chiaramonti, 1800-1823)
Canis et coluber
(“Cane e serpente”)
Leone XII
(Annibale della Genga, 1823-1829)
Vir religiosus
(“Uomo religioso”)
Pio VIII
(Francesco Saverio Castiglioni, 1829-1830)
De balneis Ethruriae
(“Dei bagni dell’Etruria”)
Gregorio XVI
(Bartolomeo Alberto Cappellari, 1831-1846)
Crux de cruce
(“Croce dalla croce”)
Pio IX
(Giovanni Maria Mastai Ferretti, 1846-1878)
Lumen in coelo
(“Luce nel cielo”)
Leone XIII
(Gioacchino Pecci, 1878-1903)
Ignis ardens
(“Fuoco ardente”)
Pio X
(Giuseppe Sarto, 1903-1914)
Religio depopulata
(“La religione devastata”)
Benedetto XV
(Giacomo Della Chiesa, 1914-1922)
Fides intrepida
(“Fede intrepida”)
Pio XI
(Achille Ratti, 1922-1939)
Pastor angelicus
(“Pastore angelico”)
Pio XII
(Eugenio Pacelli, 1939-1958)
Pastor et nauta
(“Pastore e navigante”)
Giovanni XXIII
(Angelo Giuseppe Roncalli, 1958-1963)
Flos florum
(“Fiore dei fiori”)
Paolo VI
(Giovanni Battista Montini, 1963-1978)
De medietate Lunae
(“Della metà della luna”)
Giovanni Paolo I
(Albino Luciani, 1978-1978)
De labore solis
(“Della fatica del sole”)
Giovanni Paolo II
(Karol Wojtyła, 1978-2005)
Gloria olivae
(“Gloria dell’ulivo”)
Benedetto XVI
(Joseph Ratzinger, 2005-2013)
In persecutione extrema Sanctae Romanae Ecclesiae sedebit
(“Regnerà durante l’ultima persecuzione della Chiesa”)
Francesco
(Jorge Mario Bergoglio, dal 2013)

 

“L’ultima profezia”

 

E’ stato già detto che i famosi 112 motti si concludono con quella che sembrerebbe essere una profezia inerente il giudizio finale e la fine dei tempi. Il testo della profezia recita quanto segue:

 

« Petrus Romanus, qui pascet oves in multis tribulationibus; quibus transactis, civitas septicollis diruetur, et Judex tremendus iudicabit populum suum. Finis. » « Pietro Romano, che pascerà il gregge fra molte tribolazioni; passate queste, la città dai sette colli sarà distrutta e il tremendo Giudice giudicherà il suo popolo. Fine. »

Il testo vuole essere un semplice ammonimento inerente al fatto  che, prima o poi, la sequenza dei papi sarà destinata a concludersi. Lo stesso nome, Petrus Romanus, potrebbe non riferirsi a nessuna caratteristica del pontefice indicato e quindi potrebbe indicare soltanto “il Papa che c’è a Roma”. Anticamente, infatti, bisognava specificare il Papa “di Roma” per distinguerlo da eventuali antipapi scismatici in altre parti d’Europa. Gli eventi descritti, poi, sono gli stessi che si trovano nell’Apocalisse, dove la distruzione di Babilonia, una città appunto costruita su sette colli (Ap 17, 9), precede il giudizio universale.

 

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